Cort-IA - Concorso di Sceneggiatura
By Lorenzo Carapezzi / Aggiornato circa 10 ore fa / Sceneggiatura

Cort-IA - Il contest di sceneggiatura che fa discutere

L’intelligenza artificiale applicata alla cultura è diventata uno dei temi più discussi del momento. L’etica del suo utilizzo come supporto alla creatività artistica divide il pubblico e gli addetti ai lavori, alimentando timori sempre più diffusi.

Come già sottolineato in un nostro precedente articolo (👉 Scrivere con ChatGPT), la paura condivisa da molti è che l’IA, da semplice alleata, possa trasformarsi in una scorciatoia pericolosa, arrivando a sostituire del tutto l’ingegno umano.

Negli ultimi mesi, il dibattito si è acceso ulteriormente con l’annuncio di una nuova iniziativa promossa da Rai Cinema Channel: la prima edizione di Cort-IA, un concorso che invita i partecipanti a sviluppare sceneggiature originali facendo uso esplicito dell’intelligenza artificiale generativa.

Una scelta che ha subito acceso i riflettori e sollevato critiche, soprattutto da parte di associazioni e sindacati di settore, preoccupati per il futuro della professione dell’autore. Ma facciamo un po’ di chiarezza su quanto successo nelle ultime settimane.

Scrivere con ChatGPT: Intelligenza artificiale VS Umano

Che cos’è Cort-IA?

"Il Contest ha l’obiettivo di esplorare, per finalità di studio e ricerca, le potenzialità creative dell’Intelligenza Artificiale generativa nel processo di scrittura cinematografica. I partecipanti dovranno utilizzare strumenti di IA/LLM per sviluppare una sceneggiatura originale di max 30 pagine per un cortometraggio 'tradizionale' (set, cast, troupe) della durata compresa tra 10 e 20 minuti. Brevi inserti di IA generativa in produzione, per esempio text-to-video, sono consentiti ma non obbligatori."

Così recita il bando ufficiale di Cort-IA, il concorso lanciato da SophIA, laboratorio cine-audiovisivo dedicato all’integrazione tra intelligenza artificiale e creatività. SophIA, già nota per la produzione del primo lungometraggio interamente scritto da un LLM, Il diario di Sisifo (2024), ora inaugura un nuovo percorso che si rivolge direttamente agli sceneggiatori.

L’obiettivo è quello di mettere alla prova la collaborazione uomo-IA, cercando di capire come gli strumenti generativi possano ampliare, stimolare o anche semplicemente affiancare il processo creativo nel cinema. I corti, una volta selezionati, verranno realizzati come vere e proprie opere audiovisive.

Un punto cruciale del bando riguarda la documentazione d’uso dell’IA: ai partecipanti è richiesto di fornire una testimonianza sostanziosa e dettagliata del lavoro svolto con l’Intelligenza Artificiale. Dovranno spiegare quandocomeperché e con quali strumenti hanno utilizzato l’IA generativa nella scrittura, specificando le fasi di intervento, le motivazioni delle scelte creative e il valore aggiunto (o i limiti) riscontrati nel processo.

Un esperimento concreto, dunque, ma non privo di ombre: non tutti vedono in questa iniziativa una spinta positiva all’innovazione. Le reazioni del mondo del cinema – e degli stessi sceneggiatori – sono tutt’altro che unanimi.

Il malcontento delle associazioni

Le principali associazioni e sindacati di autori hanno reagito con preoccupazione. In particolare, Writers Guild Italia ha espresso apertamente il proprio dissenso, definendo “inaccettabile” la partecipazione di Rai Cinema a un progetto che mina il valore e la dignità del lavoro creativo.

Anche 100autori ha pubblicato un comunicato molto critico, sottolineando il rischio concreto che l’intelligenza artificiale venga utilizzata per abbattere i costi di produzione a scapito della professionalità degli autori.

“L’abbattimento dei costi che l’uso dell’IA promette alle produzioni si riferisce esattamente all’abbattimento del costo del nostro lavoro. (…) Un film è un’opera collettiva, frutto della creatività e dell’ingegno umano, e chiediamo a Rai Cinema di riconoscerlo attraverso un lavoro comune di dialogo, tutela e supporto alla creatività e ai lavoratori dell’industria.”

Le critiche toccano anche un punto molto delicato: la questione dei diritti. Non esiste ancora, infatti, un sistema efficace di tracciamento e attribuzione per le opere (testi, sceneggiature, immagini, musica) che vengono utilizzate per addestrare i modelli di IA. È un vuoto normativo che apre scenari complessi.

L’esempio recente della scrittrice giapponese Rie Kudan, che ha ammesso di aver usato ChatGPT per scrivere una parte del suo romanzo vincitore, evidenzia l’attuale ambiguità: la trasparenza dipende solo dalla buona volontà dell’autore.

Scrivere con ChatGPT: Rie Kudan e Premio Akutagawa per La torre della simpatia di Tokio

Un tema caldo anche il Primo Maggio

Durante le celebrazioni del Primo Maggio, anche l’ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) è tornata sul tema, chiedendo con forza l’introduzione di un contratto nazionale per gli sceneggiatori. L’intervento ha ribadito i rischi legati a un uso incontrollato dell’IA nei processi creativi:

“Un uso scorretto dell’intelligenza artificiale non solo svilisce il valore del lavoro artistico, ma mette anche a rischio l’intero futuro della professione.”

Le associazioni salutano positivamente i primi tentativi di dialogo con la Direzione Cinema del Ministero della Cultura, in particolare per l’introduzione di criteri legati all’uso dell’IA per l’accesso al Tax Credit, ma servono tempi certi e regole chiare per evitare che la tecnologia superi le tutele.

A questo si aggiunge l’allarme per la disoccupazione crescente tra gli sceneggiatori e i professionisti dell’audiovisivo. Molti hanno abbandonato il settore per mancanza di lavoro, privando l’industria di competenze costruite in anni di esperienza. Le associazioni chiedono interventi rapidi per non perdere “un’intera generazione di talenti”.

La voce della community: intervista ad Alessandro Testa

Nel pieno del dibattito che attraversa l’industria creativa, abbiamo voluto raccogliere il punto di vista di chi vive ogni giorno la narrazione come mestiere, passione e confronto con la contemporaneità.

Oltre ad essere un grande giocatore di calcio a sette, Alessandro Testa, è insegnante presso TheSign – Comics & Arts Academy e co-fondatore della pagina Instagram Writing Monkeys, una delle community italiane più seguite dedicate alla scrittura per il cinema e la televisione. Con uno stile ironico, accessibile e profondamente consapevole delle sfide del settore, Writing Monkeys è diventata in pochi anni un punto di riferimento per autori, aspiranti sceneggiatori e appassionati di storytelling (giusto per farci concorrenza!).

Lo abbiamo intervistato per capire come sta vivendo il dibattito sull’uso dell’intelligenza artificiale nel lavoro creativo, quali siano, secondo lui, i rischi reali, quali le opportunità, e soprattutto che cosa significhi oggi insegnare scrittura in un contesto in continua trasformazione.

Writing Monkeys: una community nata dall’ombra degli sceneggiatori

Con Writing Monkeys volevamo dare un volto a chi, di solito, resta dietro le quinte: lo sceneggiatore. Tutti parlano del regista, dell’attore, ma quasi mai di chi scrive

Questo è l’obiettivo principale per Alessandro Testa, co-fondatore assieme a Mirko Rigon e David Barbieri di Writing Mokeys, una pagina social che offre pillole di analisi e divulgazione su serie, film e storytelling visivo. Un progetto partito in tre, gestito “quasi a tempo pieno”, con collaborazioni occasionali, ma con un’energia che ha già permesso loro di stringere partnership con festival come Florence Queer FestivalSentiero Film Factory.

Scrivere (e insegnare) nell’epoca dell’IA

Ma si può insegnare scrittura mentre ChatGPT scrive logline in pochi secondi?

Secondo Testa, il problema non è solo tecnico, ma culturale:

Quando è uscito GPT ho avuto uno shock. Non tanto perché pensavo potesse rubarmi il lavoro, ma perché temevo per tutte quelle piccole scritture professionali che rischiano di sparire: sinossi, soggetti, pitch. Il pericolo maggiore è lì.

Come docente, però, è netto: l’intelligenza artificiale non è uno strumento utile per chi deve imparare.

Scrivere è sbagliare. E l’apprendimento passa proprio attraverso l’errore. Un ragazzo che si affida a un chatbot non impara a scrivere, semplicemente ottiene qualcosa da consegnare. Ma non è crescita. È scorciatoia.

In aula, racconta, ha avuto studenti paralizzati dalla paura di sbagliare. A loro consiglia sempre la stessa cosa: scrivi male.

Solo dopo puoi migliorare. Ma se non ti concedi l’errore, resti fermo. E l’IA può diventare una stampella pericolosa.

Cort-IA e i confini etici della scrittura automatica

Uno dei temi più caldi è ovviamente Cort-IA, il concorso di Rai Cinema Channel che promuove l’uso esplicito dell’intelligenza artificiale nella scrittura di sceneggiature. Testa non lo boccia del tutto, ma solleva dubbi importanti:

L’idea, da bando, sembrerebbe di ricerca e sperimentazione. Ma poi leggi che il premio è la produzione del cortometraggio… e ti chiedi se non sia solo una forma elegante per spingere verso un nuovo modello di risparmio produttivo.

Secondo lui, il vero punto critico è il coinvolgimento di enti pubblici e accademici.

Quando c’è la RAI, quando c’è una produzione concreta di mezzo, il messaggio che passa è chiaro: possiamo produrre contenuti con meno sceneggiatori. Il rischio è normalizzare questo approccio, senza una reale regolamentazione.

Il futuro? Serve una bussola, non un freno.

Chiedergli come immagina i prossimi anni è come chiedere di prevedere il meteo in alta montagna:

L’IA non si può fermare. Ma si può e si deve regolamentare. Chi allena questi modelli? Con quali contenuti? I diritti degli autori vengono rispettati?

E qui emerge una delle sue preoccupazioni principali: la difficoltà di distinguere cosa è stato davvero scritto da un autore e cosa no. Come si fa a capire se un testo è originale o è passato da un chatbot? Anche le possibili soluzioni — come premiare chi non usa IA o tassare chi la usa — per Testa rischiano di essere facilmente aggirabili.

Imparare resta un atto umano

Nel mare in tempesta del digitale, per Testa scrivere è ancora un atto umano. E chi vuole imparare, deve farlo sbagliando, provando, rivedendo.

Scrivere male è l’inizio. L’IA può essere una calcolatrice utile, ma non deve sostituire la fatica creativa, altrimenti perdiamo il senso stesso di ciò che stiamo facendo.

E quando gli chiediamo se gli sceneggiatori riusciranno a difendere il proprio ruolo, la risposta è secca: solo se restiamo uniti, consapevoli e attenti. E se continuiamo a raccontare storie che nessuna macchina potrà mai sentire davvero come proprie.

Pictures Writers: il nostro punto di vista

Il nostro obiettivo è sempre stato quello di fornire strumenti concreti, consulenza su bandi e concorsi, e una guida affidabile lungo tutto il percorso creativo e produttivo per autori emergenti e non.

Per questo motivo, anche di fronte a un’iniziativa controversa come Cort-IA, riteniamo importante offrire una sintesi neutrale, senza aderire a una posizione estrema, almeno in questa fase ancora sperimentale. Ci troviamo, in effetti, in un territorio poco illuminato, dove le possibilità e i pericoli convivono. Come accade spesso all’inizio di ogni rivoluzione tecnologica, è difficile oggi prevedere quali saranno le conseguenze a lungo termine.

Da un lato, è innegabile che l’intelligenza artificiale possa aiutare, velocizzare, e perfino stimolare il lavoro creativo, soprattutto nelle fasi più tecniche o ripetitive. Dall’altro, restano numerosi interrogativi sulla paternità delle opere, sulla qualità della narrazione prodotta con l’IA, e sul rischio di spianare la strada a chi — pur non avendo competenze narrative — riesce a “imbastire” una sceneggiatura semplicemente interagendo con un chatbot.

A nostro avviso, l’intelligenza artificiale può rappresentare uno strumento di supporto valido ed eticamente accettabile, solo ed esclusivamente se impiegato in fasi della scrittura più tecniche e meccaniche, come la correzione dei testi o l’editing linguistico. In questi contesti, l’IA non interferisce con l’autenticità del processo creativo, ma può alleggerire il carico di lavoro e ottimizzare i tempi.

Tuttavia, pur riconoscendo queste potenzialità, non condividiamo l’impostazione dell’iniziativa promossa da Rai Cinema Channel e SophIA. Fin dalla prima lettura del bando ufficiale, sono emerse perplessità sostanziali. Ci domandiamo, ad esempio, se la partecipazione di enti universitari come Bolzano, Trieste e LUMSA non serva semplicemente da copertura etica e accademica per legittimare un concorso che rischia di ridurre ulteriormente lo spazio decisionale e creativo dello sceneggiatore.

Anziché valorizzarne il ruolo, questa iniziativa sembra contribuire a spostare l’attenzione verso la macchina, presentando l’IA non più come supporto, ma come interlocutore centrale nel processo di scrittura. È davvero il talento narrativo ad essere premiato? O stiamo valutando solo la capacità di "conversare" con una macchina?

Sono domande a cui, oggi, non possiamo rispondere con certezza.

Conclusioni

In un panorama in rapida trasformazione, è fondamentale mantenere uno sguardo vigile ma aperto, pronto a cogliere tanto le opportunità quanto i segnali d’allarme. L’intelligenza artificiale è ormai una presenza stabile nei processi creativi, e probabilmente destinata a restarci.

Quello che possiamo (e dobbiamo) fare è pretendere regole chiare, tutele solide per i professionisti del settore, e un dibattito informato che tenga insieme etica, innovazione e dignità del lavoro artistico.

Perché senza creatività non c’è industria culturale. E senza diritti, non c’è futuro per chi racconta il nostro tempo.

Autore dell'articolo
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Lorenzo Carapezzi

La scrittura è al centro della mia vita professionale. Creo storie originali e insegno sceneggiatura a giovani talenti, aiutandoli a trasformare idee in trame e personaggi memorabili. Per me, la sceneggiatura è un'arte e una passione quotidiana.